Qualche sera fa ho visto un foglietto ripiegato con
cura in quattro, per terra, vicino al portone di casa. Incuriosito l’ho
raccolto e dentro ci ho trovato, scritti a mano, pochi versi: quattro esasillabi (come nei Fratelli d’Italia) che mi
hanno sorpreso non poco: nell’attesa che il Capitalismo evolva in direzione del
Bene Comune e della Giustizia, la nostra condizione di infelici privilegiati non avrebbe potuto essere descritta meglio, in modo più esatto e
conciso, tanto che m’è sembrato opportuno, se non inevitabile, intitolare la folgorante quartina
Homo occidentalis…
Eccola di seguito fedelmente trascritta:
In scarpe adidas
In bagno badedas
In vino veritas
In culo ananas
Analizziamo con l’attenzione che meritano questi
versi così semplici, così profondi, così veri. I primi si possono considerare
descrittivi, mentre sono una citazione il terzo e una lancinante metafora il
quarto. Nei due versi iniziali l’odierno Occidente – BRANDLAND – è evocato dall’anonimo
Poeta attraverso due marchi assai popolari. Noi, suoi abitatori, vi figuriamo soltanto in
veste di consumatori perché, sembra suggerire il Poeta, altro non siamo… Del
resto Il dubbio che sia proprio così trafigge i più sensibili tra noi almeno
tre volte al giorno, insieme con la consapevolezza che se ancora valiamo
qualcosa è solo per la nostra capacità di comprare, non per altro, unita alla tragicomica
constatazione che se mai dovessimo smettere di comprare l’Occidente crollerebbe… Crack!
Nel primo verso è questione di scarpe, nel
secondo di bagnoschiuma, in rappresentanza di due miti caratteristici
del nostro oggi. Perché una buona scarpa significa innanzitutto comfort e un buon bagnoschiuma cura del corpo, e sia alle comodità sia all’apparenza
non rinuncia l’Uomo occidentale, ormai sufficientemente smaliziato da non
pretendere più la felicità. Qui il Poeta mostra di conoscerci bene.
Un familiare proverbio latino però, in terza
posizione, ci rammenta che l’ebbrezza rivela le cose nascoste, che il vino
svela la Verità, della quale faremmo volentieri a meno perché spesso crudele,
ma che il Poeta, crudelmente, svela nel quarto verso. Con sintesi mirabile
di pensiero e immagine come solo nella grande Poesia si realizza, il quarto
verso ci fa sentire quanto può essere spinoso e duro e difficile vivere nel
mondo dei privilegiati quando il fragile meccanismo della pace quotidiana, per qualche
fatalità, s’inceppa. E quanto ci costa – in energie e psicofarmaci – mantenere
ben oliata la giostra del benessere. Quale tragica fregatura ci attende appena
svoltato l’angolo delle fortunate circostanze. Nell’ultimo verso, caduto il
velo di Maya, un ananasso, niente di più avverso alla tenera mucosa rettale,
simboleggia l’innaturale, dolorosa, insensata condizione del consumatore
consumato dallo sforzo di comprare, comprare, comprare... perché la giostra
continui a girare, girare, girare…
Ps: Di
sicuro tra duecent’anni i nostri discendenti pensando a noi scrolleranno la
testa increduli: “Davvero sarebbe crollato tutto se solo avessero smesso in
massa di comprare mutande?”… Come
invidio i fan del Libero Mercato, come invidio le loro sicurezze, la loro
pacifica accettazione delle Sue Leggi – perfette ai loro occhi, superiori a
qualsiasi valutazione critica, divinamente ineluttabili… Di sicuro oggi il Libero Mercato spadroneggia: il centro-shopping di
tutte le capitali europee, così come di tutto l’Occidente sparso sul pianeta-che-non-ce-la-fa-più, è
saldamente occupato in ogni storico metro quadro da Banche e Griffe (non è un
vocabolo terrorizzante?) e a tanti laureati in economia questo sembra il
massimo… “Davvero sarebbe crollato tutto se solo avessero smesso in massa
di comprare mutande?”… Masse di schiavi devono consumare compulsivamente quanto
da esse stesse faticosamente prodotto per sopravvivere… Ecco: il mio problema è
che a me già adesso sembra una roba da matti. Adesso!