martedì 10 novembre 2015

Homo occidentalis

Qualche sera fa ho visto un foglietto ripiegato con cura in quattro, per terra, vicino al portone di casa. Incuriosito l’ho raccolto e dentro ci ho trovato, scritti a mano, pochi versi: quattro esasillabi (come nei Fratelli d’Italia) che mi hanno sorpreso non poco: nell’attesa che il Capitalismo evolva in direzione del Bene Comune e della Giustizia, la nostra condizione di infelici privilegiati non avrebbe potuto essere descritta meglio, in modo più esatto e conciso, tanto che m’è sembrato opportuno, se non inevitabile, intitolare la folgorante quartina Homo occidentalis

Eccola di seguito fedelmente trascritta:

In scarpe adidas
In bagno badedas
In vino veritas
In culo ananas

Analizziamo con l’attenzione che meritano questi versi così semplici, così profondi, così veri. I primi si possono considerare descrittivi, mentre sono una citazione il terzo e una lancinante metafora il quarto. Nei due versi iniziali l’odierno Occidente – BRANDLAND – è evocato dall’anonimo Poeta attraverso due marchi assai popolari. Noi, suoi abitatori, vi figuriamo soltanto in veste di consumatori perché, sembra suggerire il Poeta, altro non siamo… Del resto Il dubbio che sia proprio così trafigge i più sensibili tra noi almeno tre volte al giorno, insieme con la consapevolezza che se ancora valiamo qualcosa è solo per la nostra capacità di comprare, non per altro, unita alla tragicomica constatazione che se mai dovessimo smettere di comprare l’Occidente crollerebbe… Crack!

Nel primo verso è questione di scarpe, nel secondo di bagnoschiuma, in rappresentanza di due miti caratteristici del nostro oggi. Perché una buona scarpa significa innanzitutto comfort e un buon bagnoschiuma cura del corpo, e sia alle comodità sia all’apparenza non rinuncia l’Uomo occidentale, ormai sufficientemente smaliziato da non pretendere più la felicità. Qui il Poeta mostra di conoscerci bene.


Un familiare proverbio latino però, in terza posizione, ci rammenta che l’ebbrezza rivela le cose nascoste, che il vino svela la Verità, della quale faremmo volentieri a meno perché spesso crudele, ma che il Poeta, crudelmente, svela nel quarto verso. Con sintesi mirabile di pensiero e immagine come solo nella grande Poesia si realizza, il quarto verso ci fa sentire quanto può essere spinoso e duro e difficile vivere nel mondo dei privilegiati quando il fragile meccanismo della pace quotidiana, per qualche fatalità, s’inceppa. E quanto ci costa – in energie e psicofarmaci – mantenere ben oliata la giostra del benessere. Quale tragica fregatura ci attende appena svoltato l’angolo delle fortunate circostanze. Nell’ultimo verso, caduto il velo di Maya, un ananasso, niente di più avverso alla tenera mucosa rettale, simboleggia l’innaturale, dolorosa, insensata condizione del consumatore consumato dallo sforzo di comprare, comprare, comprare... perché la giostra continui a girare, girare, girare…



Ps: Di sicuro tra duecent’anni i nostri discendenti pensando a noi scrolleranno la testa increduli: “Davvero sarebbe crollato tutto se solo avessero smesso in massa di comprare mutande?”… Come invidio i fan del Libero Mercato, come invidio le loro sicurezze, la loro pacifica accettazione delle Sue Leggi – perfette ai loro occhi, superiori a qualsiasi valutazione critica, divinamente ineluttabili… Di sicuro oggi il Libero Mercato spadroneggia: il centro-shopping di tutte le capitali europee, così come di tutto l’Occidente sparso sul pianeta-che-non-ce-la-fa-più, è saldamente occupato in ogni storico metro quadro da Banche e Griffe (non è un vocabolo terrorizzante?) e a tanti laureati in economia questo sembra il massimo… “Davvero sarebbe crollato tutto se solo avessero smesso in massa di comprare mutande?”… Masse di schiavi devono consumare compulsivamente quanto da esse stesse faticosamente prodotto per sopravvivere… Ecco: il mio problema è che a me già adesso sembra una roba da matti. Adesso!