Dopo gli
attentati del 13 novembre a Parigi taluni hanno dichiarato “Io non sono Parigi”,
un po’ come chi, prima di loro, aveva dichiarato “Io non sono Charlie”. Pareva
loro ingiusto piangere i morti di Parigi perché pochi giorni prima altrettante
vittime innocenti, soltanto meno occidentali, erano state macellate in Libano
(per menzionare uno dei tanti eccidi della Terza Guerra Mondiale Diffusa) senza che questo sollevasse tanta commozione collettiva né troppo clamore
mediatico. O si piangono tutti i morti o nessuno, volevano significare i recalcitranti
al lutto, perché “i morti sono tutti uguali”. Oh bella! E da quando?
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Greve in Chianti (FI) - Cimitero di Guerra. |
I morti sarebbero tutti uguali perché tutti morti?
Anche i vivi allora hanno in comune il fatto di essere tutti vivi, forse che
per questo sono anche uguali? Non si direbbe. Il probabile significato
dell’asserzione, se interpreto correttamente, voleva essere che “tutti i morti
meritano uguale considerazione, uguale rispetto”, il che mi trova d’accordo: di
fronte alla morte, al cospetto dell’universale livella, ogni distinzione – francese o cinese, ebreo o mussulmano, ricco
o povero – viene naturalmente a cadere. Ma questo forse significa che i morti
sono tutti uguali? No, non lo sono. A fare la differenza, una differenza
essenziale, è quanto è a noi prossimo chi muore. Il caso ha voluto che pochi
giorni dopo la strage di Parigi perdessi una cara amica. Il dolore che ho
provato quando l’ho saputo e la tristezza profonda che mi ha poi invaso hanno
rapidamente uguagliato e superato il dolore e la tristezza che ho provato per
le vittime di Parigi. Sono un mostro? No, sono umano…
Perché mai per me la morte di un’amica dovrebbe
essere la stessa cosa che la morte di uno sconosciuto o, anche, di 130
sconosciuti? Non lo è difatti. Quanto più qualcuno ci è vicino, quanto più è
simile a noi, quanto più la sua vita è simile alla nostra, tanto più sviluppiamo
empatia nei suoi confronti. Questo dovrebbe creare qualche imbarazzo? Che un
occidentale sia maggiormente colpito da una folle strage di occidentali computa
in Occidente che da analoga strage compiuta altrove contro altre genti è
perfettamente naturale, entrano in gioco ovvi quanto inevitabili processi di
identificazione. Non è né bello né brutto, né giusto né sbagliato:
semplicemente funzioniamo così: noi umani siamo animali empatici, e non per
caso. L’empatia, ovvero la capacita di sentire dentro di noi ciò
che capita all’altro e di proiettare verso gli altri e le cose quello che
sentiamo dentro di noi, è stata fondamentale per lo sviluppo delle nostre
società, delle differenti culture, fondamentale per fare di noi quello che
siamo. E l’empatia, non per colpa degli occidentali, è direttamente
proporzionale alla vicinanza/somiglianza tra noi e l’altro da noi.
Perché però, aldilà della loro banalità, certe
dichiarazioni di sconfinante compassione tipo questa, di apertura verso i più
disagiati, verso gli oppressi dall’Occidente colonizzatore e capitalistico mi
irritano tanto? In fondo si sente di ben peggio... Ho preso un po’ di tempo per rifletterci
e ora mi rispondo. Queste dichiarazioni di apparente apertura mentale mi irritano
perché non sono altro che pose culturali non corrispondenti a niente di
autentico, di veramente sentito. Insomma, puzzano parecchio di ideologico. E il
guaio di tutte le ideologie, da cui discende la mia avversione per l’intero
bouquet, è l’intento di trascendere l’umano per puntare a più nobili e alti ideali.
E quanto in basso possiamo cadere quando ideologicamente spronati lo ha
dimostrato efficacemente il XX Secolo appena trascorso, che non smette di
ammonire inascoltato le anime belle smaniose di Assoluto: più si è imbevuti d’ideologia, più
si perde in umanità.
Non so perché l’intellighenzia più politicamente
corretta e invaghita di relativismo culturale provi il bisogno di aggrapparsi a
banalità come “i morti sono tutti uguali” per esprimere la sua critica
(sacrosanta) all’Occidente, non devo essere abbastanza intellighente per
questo. Perché negare il naturale, umanissimo istinto a piangere i propri morti
in nome di un indifferenziato e inumano dolore per tutti i morti di qualsiasi
guerra e continente? Piangere tutti i morti equivale a non piangere nessuno.
E ne sono sicuro: a nessun morto farebbe piacere
essere gettato nella fossa comune delle astrattezze ideologiche.
Agli sparuti lettori di
questo mio blog dico buon anno e ringrazio per la cortese attenzione che mi
hanno dedicato. Avrei preferito trattare di cose più liete, più lievi, ma il
più delle volte una cronaca efferata mi ha tirato per la manica
e mi ha fatto scrivere quel che ho scritto decidendo per me; in molti momenti
mi ha fatto passare del tutto la voglia di scrivere, in altri mi ha fatto
sentire un vecchio barbogio brontolone a causa delle mie stesse opinioni… Che
il 2016 regali a me e a tutti il privilegio della leggerezza, questo il mio
augurio.