mercoledì 27 gennaio 2016

Marmoree pudenda

Dunque, secondo quanto riferito dall’Ansa alcune statue di nudi opportunamente esposte ai Musei Capitolini sono state coperte da bianchi pannelli durante la visita di Hassan Rouhani e compatrioti al seguito, questo in segno di rispetto verso la cultura e sensibilità iraniane. Sempre per rispetto non si è servito vino durante i pranzi ufficiali e si sono evitate le strette di mano. Se tanto mi dà tanto, cosa non darei per vedere le nostre rispettosissime autorità ricevere rigorosamente in perizoma i rappresentanti di una qualche tribù amazzonica… il mio godimento sarebbe immenso se tutti poi, sempre per rispetto, concludessero la visita ufficiale con una bella pipatina di quelle che mettono in contatto con lo spirito degli avi… Oh! Il Renzi in perizoma che aspira da una pipa rituale… Altamente improbabile, lo so, ma se dovessimo comprare un giorno il petrolio proprio da qualche simpatica tribù…





Vergogna Nazionale,
Michelangelo Buonarroti, 1501-1504, marmo bianco,
410x199 cm, Galleria dell’Accademia, Firenze
        

L’austero e severo Hassan Rouhani, dal 2013 presidente dell’Iran, è in visita ufficiale nel nostro paese, il primo tra tutti, allo scopo di allacciare proficui scambi commerciali. L’Iran esce da un lungo embargo per via di certe questioni nucleari con una gran voglia di stringere affari e di riaffermare il suo ruolo di primo piano tra le potenze del Medio Oriente. Giusto, giustissimo che le nostre massime autorità accolgano Hassan Rouhani con il massimo rispetto e le dovute cerimonie. Qui si parla di affari per milioni di euro e non è il caso di rattristare il presidente d’una imponente dittatura tirando in ballo i soliti diritti civili come fanno, tutte le sante volte, quei rompiballe di Amnesty International. Ognuno fa il suo mestiere, c’è chi rompe le balle e chi le rappezza. Nel caso si può anche far finta di niente, e generalmente si fa così durante le cerimonie diplomatiche, soprattutto quando ci sono di mezzo tanti soldi. Siamo gente di mondo, sappiamo come vanno le cose.

Devo aggiungere che pure concordando in tutto e per tutto con le rivendicazioni di Amnesty International, non penso che velate allusioni circa la condizione di intellettuali, donne, e omosessuali nell’ex Persia, o qualche accenno distratto alla solerzia con cui laggiù si applica la pena di morte, gioverebbero in qualche modo al popolo iraniano, che ha invece tutto da guadagnare da liberi scambi commerciali con il nostro e altri paesi europei: le idee han sempre viaggiato sugli stessi carri delle mercanzie…
Bene dunque lasciare che la diplomazia faccia il suo lavoro, ma arrivare a coprire i nudi dei Musei Capitolini? Bisognava proprio? Non si poteva farne a meno? Farne a meno di sicuro sì: bastava accompagnare la delegazione iraniana dove non ci fossero nudi, non così facile nei nostri musei ma non impossibile, si sarebbero così evitate tante polemiche. Quanto al vino nessuno è obbligato a bere ciò che non gradisce, basta chiedere cortesemente prima di versare. Quanto alle strette di mano niente di grave, se ne fa a meno, pensate a chi invece, per rispetto, doveva baciare ardentemente sulla bocca qualche politico russo nei giorni della Guerra Fredda…

Però coprire quei nudi è stata una pessima idea (di chi?), un gesto imperdonabilmente irrispettoso nei confronti della cultura e sensibilità italiane. Perché anche noi abbiamo una cultura e una sensibilità, sento di poter dire, anche se chi ci rappresenta non lo dà a vedere o addirittura sembra vergognarsene. Eppure l’Italia è proprio il paese che vanta la cultura e la sensibilità per il bello che tutti ci invidiano – compresi i molti artisti iraniani che soggiornano senza trarne piacere alcuno nelle patrie galere, ne sono sicuro…

E ancora una volta sono qui a chiedermi perché le nostre autorità non mostrano nessun rispetto per valori di civiltà, libertà e democrazia che qui in Occidente nessuno ci ha regalato ma che ci sono costati lacrime e sangue. Mostrare con orgoglio le nostre opere d’arte, belle e nude come la Verità, in tempi in cui altre opere d’arte, senza più nessuno a proteggerle, sono distrutte a picconate o fatte esplodere con il tritolo, non sarebbe stato un gesto di rispetto per ciò che merita davvero di essere rispettato, per quello che di meglio abbiamo prodotto nei secoli? Davvero qualche statua nuda avrebbe causato gravi incidenti diplomatici, fatto saltare per aria affari miliardari già praticamente conclusi? No, non credo proprio. All’Italia conviene fare affari con l’Iran tanto quanto all’Iran conviene farli con noi, e non sarebbero state di certo un paio di marmoree pudenda a compromettere le relazioni tra i nostri due paesi. O forse sì? Peccato che non lo sapremo mai… perché ancora una volta abbiamo lanciato per via diplomatica il consueto, ferale messaggio prontamente propagato e amplificato dai media: “Qui in Occidente non abbiamo più nessun valore, nessuna dignità da difendere”.

Non meravigliamoci se i tetri odiatori della Bellezza stanno vincendo dappertutto. Se le picconate stanno già arrivando.




martedì 29 dicembre 2015

I morti sono tutti uguali?

Dopo gli attentati del 13 novembre a Parigi taluni hanno dichiarato “Io non sono Parigi”, un po’ come chi, prima di loro, aveva dichiarato “Io non sono Charlie”. Pareva loro ingiusto piangere i morti di Parigi perché pochi giorni prima altrettante vittime innocenti, soltanto meno occidentali, erano state macellate in Libano (per menzionare uno dei tanti eccidi della Terza Guerra Mondiale Diffusa) senza che questo sollevasse tanta commozione collettiva né troppo clamore mediatico. O si piangono tutti i morti o nessuno, volevano significare i recalcitranti al lutto, perché “i morti sono tutti uguali”. Oh bella! E da quando?    

Greve in Chianti (FI) - Cimitero di Guerra.    

I morti sarebbero tutti uguali perché tutti morti? Anche i vivi allora hanno in comune il fatto di essere tutti vivi, forse che per questo sono anche uguali? Non si direbbe. Il probabile significato dell’asserzione, se interpreto correttamente, voleva essere che “tutti i morti meritano uguale considerazione, uguale rispetto”, il che mi trova d’accordo: di fronte alla morte, al cospetto dell’universale livella, ogni distinzione – francese o cinese, ebreo o mussulmano, ricco o povero – viene naturalmente a cadere. Ma questo forse significa che i morti sono tutti uguali? No, non lo sono. A fare la differenza, una differenza essenziale, è quanto è a noi prossimo chi muore. Il caso ha voluto che pochi giorni dopo la strage di Parigi perdessi una cara amica. Il dolore che ho provato quando l’ho saputo e la tristezza profonda che mi ha poi invaso hanno rapidamente uguagliato e superato il dolore e la tristezza che ho provato per le vittime di Parigi. Sono un mostro? No, sono umano…    

Perché mai per me la morte di un’amica dovrebbe essere la stessa cosa che la morte di uno sconosciuto o, anche, di 130 sconosciuti? Non lo è difatti. Quanto più qualcuno ci è vicino, quanto più è simile a noi, quanto più la sua vita è simile alla nostra, tanto più sviluppiamo empatia nei suoi confronti. Questo dovrebbe creare qualche imbarazzo? Che un occidentale sia maggiormente colpito da una folle strage di occidentali computa in Occidente che da analoga strage compiuta altrove contro altre genti è perfettamente naturale, entrano in gioco ovvi quanto inevitabili processi di identificazione. Non è né bello né brutto, né giusto né sbagliato: semplicemente funzioniamo così: noi umani siamo animali empatici, e non per caso. L’empatia, ovvero la capacita di sentire dentro di noi ciò che capita all’altro e di proiettare verso gli altri e le cose quello che sentiamo dentro di noi, è stata fondamentale per lo sviluppo delle nostre società, delle differenti culture, fondamentale per fare di noi quello che siamo. E l’empatia, non per colpa degli occidentali, è direttamente proporzionale alla vicinanza/somiglianza tra noi e l’altro da noi.

Perché però, aldilà della loro banalità, certe dichiarazioni di sconfinante compassione tipo questa, di apertura verso i più disagiati, verso gli oppressi dall’Occidente colonizzatore e capitalistico mi irritano tanto? In fondo si sente di ben peggio... Ho preso un po’ di tempo per rifletterci e ora mi rispondo. Queste dichiarazioni di apparente apertura mentale mi irritano perché non sono altro che pose culturali non corrispondenti a niente di autentico, di veramente sentito. Insomma, puzzano parecchio di ideologico. E il guaio di tutte le ideologie, da cui discende la mia avversione per l’intero bouquet, è l’intento di trascendere l’umano per puntare a più nobili e alti ideali. E quanto in basso possiamo cadere quando ideologicamente spronati lo ha dimostrato efficacemente il XX Secolo appena trascorso, che non smette di ammonire inascoltato le anime belle smaniose di Assoluto: più si è imbevuti d’ideologia, più si perde in umanità.

Non so perché l’intellighenzia più politicamente corretta e invaghita di relativismo culturale provi il bisogno di aggrapparsi a banalità come “i morti sono tutti uguali” per esprimere la sua critica (sacrosanta) all’Occidente, non devo essere abbastanza intellighente per questo. Perché negare il naturale, umanissimo istinto a piangere i propri morti in nome di un indifferenziato e inumano dolore per tutti i morti di qualsiasi guerra e continente? Piangere tutti i morti equivale a non piangere nessuno.
E ne sono sicuro: a nessun morto farebbe piacere essere gettato nella fossa comune delle astrattezze ideologiche.



Agli sparuti lettori di questo mio blog dico buon anno e ringrazio per la cortese attenzione che mi hanno dedicato. Avrei preferito trattare di cose più liete, più lievi, ma il più delle volte una cronaca efferata mi ha tirato per la manica e mi ha fatto scrivere quel che ho scritto decidendo per me; in molti momenti mi ha fatto passare del tutto la voglia di scrivere, in altri mi ha fatto sentire un vecchio barbogio brontolone a causa delle mie stesse opinioni… Che il 2016 regali a me e a tutti il privilegio della leggerezza, questo il mio augurio.