martedì 19 aprile 2016

Trivelle in Lombardia

Dello sciagurato Referendum sulle Trivelle una cosa m’ha dato particolarmente fastidio: sentir dire che c’erano regioni non direttamente interessate al problema delle trivelle (ovvero non bagnate dal mare) e che dunque, comprensibilmente, l’affluenza alle urne ne avrebbe risentito. Questo l’ha detto più d’uno purtroppo (compreso un tizio grottescamente giornalista e conduttore d’un programma televisivo) e in troppi, troppo serenamente, hanno lasciato che lo si dicesse più o meno impunemente.


Trivella in Adriatico

Non direttamente interessate alcune regioni? Comprensibilmente? Ma che cosa vorrà mai dire? Io, per fare un esempio, sono lombardo e dunque insubre e non marino, eppure sono interessato a quello che succede nel mar Mediterraneo. Non dovrei? Sono addirittura interessato a quello che succede negli oceani, tant'è che ho sofferto parecchio quando la superpetroliera Exxon Valdez, il 24 marzo 1989, si è incagliata in una scogliera dello stretto di Prince William, un'insenatura del golfo di Alaska, disperdendo in mare 40,9 milioni di litri di petrolio. E allora m'ero addirittura permesso di soffrire non come lombardo ma come abitante di questo pianeta. Non dovevo?

E non mi doveva forse interessare il referendum sull’aborto dell'81 perché tanto non essendo donna non avrei mai abortito? E non dovrebbe interessarmi il fatto che (oggi purtroppo!) agli omosessuali si fatichi a riconoscere normali diritti civili perché non convivo con un uomo? E me ne dovrei fregare dei diritti dell’infanzia perché ormai sono troppo cresciuto?

C’è davvero bisogno di dire che la sensibilità ambientale, come il senso civico, come il senso della giustizia, non possono avere per confini il nostro corpo, la nostra casa o la nostra regione?


Non so… non so se devo sentirmi un povero strambo o cosa, ma di sicuro vivere in questi giorni in Italia mi fa sentire molto solo…

venerdì 11 marzo 2016

Boccioni radiante



Umberto Boccioni l’ha dipinto tra il 1912 e il 1913. È un olio di grandi dimensioni (150x220 cm), meraviglioso. Un paio d’anni fa sono tornato alla Guggenheim a Venezia e inaspettatamente (non sono mai documentato a dovere, per fortuna) me lo sono trovato davanti. Occupava la parete di fondo di una sala stipata di dipinti appartenenti alla collezione di Giovanni Mattioli, collezione temporaneamente alloggiata da Peggy. L’incontro con “Materia”, titolo del dipinto, è stato folgorante. Si tratta di un ritratto della madre dell’artista, Cecilia Forlani, soggetto più volte ripreso da Boccioni nelle sue opere. Cecilia siede al centro del quadro, anzi, vi troneggia. Ma è subito evidente che a essere ritratta è non solo e non tanto la madre di Umberto. È la Madre di noi tutti. È la Materia.    


Non ho altro aggettivo per descrivere “Materia” se non che si tratta di un dipinto “radiante”. Dal quadro diffondono e ci investono linee di forza, onde di energia, vortici di colore. Tutto vibra sulla tela. Tutto è vivo, tutto freme in perenne trasmutazione. Al centro, immota, potente, siede Madre Materia. La qualità pittorica del dipinto è strabiliante. Boccioni, appena trentenne, ha già perfettamente assimilato la lezione dei cubisti parigini e li ha superati in destrezza. Magistrale la resa del volto della Madre che incorpora il proprio profilo. Ubiqua, la Madre è dappertutto. La Madre tutto vede.    


Il movimento, assente nelle vivisezioni di Braque o di Picasso, qui come in molte opere di Boccioni è l’elemento determinante, come a dire: scomponi un oggetto, liberalo dalla schiavitù di un unico punto di vista, di una singola prospettiva, e cosa ne scaturirà… il succo, l’anima dinamica, l’energia. Illuminato visionario, Boccioni ci svela il mondo che gli scienziati del suo tempo descrivevano attraverso enigmatiche equazioni (la teoria della relatività è del 1909); ci mostra con linee e colori i segreti della pervasiva entità che, senza bisogno di giustificazione alcuna, palesemente, indiscutibilmente, esiste. E cosa racchiude la greve materia al suo interno? Un turbinoso universo corpuscolare in frenetico movimento. Luce e calore che scaturiscono dalla sua intima scissione. Una miriade di particole in fregola, ebbre, impegnate a edificare danzando la nostra misteriosa realtà.  


Le grandi mani della Madre Materia riposano sul suo grembo. Sono le mani della forza: le basterebbe sciogliere l’intreccio delle poderose dita, distenderle appena perché ne scaturiscano nuovi mondi. Ma forse non serve: tutto è già stato generato e ora incessantemente, per pura inerzia, evolve. La Madre Materia, paziente, veglia sulle sue creature, compenetrata, avvolta nelle infinite sfaccettature del suo stesso corpo infinito.
E noi ammaliati la contempliamo.
Noi da lei irradiati.


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In attesa della mostra Umberto Boccioni (1882-1916). Genio e memoria”. 
Milano, Museo del Novecento-Palazzo Reale, 25 marzo-3 luglio 2016.