mercoledì 1 luglio 2015

Quando gli italiani risorgevano


A Milano, anche prima dell’Expo, si son fatte cose belle. Tra tutte ho particolarmente gradito le “Gallerie d’Italia” www.gallerieditalia.com, ingresso in Piazza della Scala 6, spazio espositivo che vanta due contenitori d'eccezione: per la collezione di opere dell’800 Palazzo Anguissola Antona Traversi, edificato tra il 1775 e il 1778, e per quelle del 900 delle collezioni Intesa Sanpaolo la sede storica della Banca Commerciale dei primi del secolo scorso. Al piacere di poter visitare due magnifici palazzi si aggiunge l’intenso piacere che procura la qualità delle opere esposte. Tra queste, una in particolare è stata per me oggetto di commossa ammirazione: L'artiglieria della III Divisione all'attacco durante la battaglia di San Martino, del 1887. Ho cercato di capire perché...

L’autore del dipinto, Sebastiano De Albertis (1828-1897, Milano), si forma all’Accademia di Belle Arti di Brera e per gran parte della sua carriera – non gli mancheranno i riconoscimenti, si dedica a opere di genere militare-patriottico specializzandosi in quadri di battaglie. Prima di mettere piede alle Gallerie di questo pittore ignoravo l’esistenza, anche come toponimo, e non ho mai provato il minimo interesse per gli orridi quadroni celebrativi che infestano un po' tutti i musei. Per questo la forte impressione che ho subito davanti a questa rappresentazione d'una sanguinosa battaglia risorgimentale mi ha preso in contropiede. Che si tratti di un dipinto di ottima fattura si vede subito, ma non superiore in questo ad altre opere, di Gerolamo Induno per esempio, esposte nella medesima sala. 

Provo a descrivere il quadro.
In primo piano, tra l’erba, il pittore ha ritratto un soldato morto visto dalla parte dei piedi, in secondo piano tutto il resto, cioè lo scontro fra l'esercito austriaco e quello franco-sardo. Al campo di battaglia si dirigono i soldati a cavallo che occupano la parte centrale del quadro, sopra un carro di legno è issato un cannone; nella piana si intravedono altri sodati a cavallo, e disseminato in tanti sbuffi, dappertutto, si solleva il fumo delle armi da fuoco; lontano, su basse colline, il profilo di una massiccia costruzione da un lato, i bagliori di un incendio dall’altro; una striscia di cielo plumbeo, acceso a fatica dalla luce opaca di basse schiarite, attraversa in alto tutta la scena. Il dipinto appare nettamente diviso in due parti, dove la metà inferiore è occupata quasi per intero da una distesa d’erbacce incolte, rese con estrema cura, e dove tra le erbacce giace il protagonista: il soldato morto.

Come evidente, qui tutto è studiato, pensato, voluto: non c’è niente di veramente realistico o ingenuo in una rappresentazione del genere. Eppure tutto sembra profondamente “vero”. Se il soldato morto è il protagonista visibile del quadro, la protagonista invisibile ma che ruba la scena è la glaciale indifferenza della vita rispetto alla morte di un poveraccio, tragedia irreparabile solo dal punto di vista del defunto – oppure di uno qualsiasi di noi, altrimenti perfettamente trascurabile. La vita imperturbata continua e la battaglia pure. Questo mostra magistralmente con il suo simbolismo camuffato da cronaca Sebastiano De Albertis. E noi che guardiamo non possiamo che ammettere che sì, è proprio così: una singola morte non turberà mai né il flusso della vita né l’esito di una battaglia. Rimosso il corpo del caduto, l’erba ne riassorbirà presto l’impronta, tutto il campo della sanguinosa battaglia tornerà a essere verde pascolo… Amen.
Noi tendiamo a rimuovere questa semplice verità come pure tante altre: lo facciamo ricorrendo alla banale operazione giornaliera denominata “vivere” che, come la colazione, sbrighiamo per pura inerzia esistenziale. Ma l’arte, che non spiega nulla ma mostra, quando fa il suo dovere e sfrutta abilmente i suoi mezzi ci mette di fronte a lampanti “evidenze”, va dritta a inceppare l’oliato meccanismo della visione convenzionale per sbalzarci in uno spazio inconsueto, un ambito protetto dove è possibile contemplare il bello e sbirciare insostenibili verità…

Questo quadro del De Albertis, oltre che toccarmi nel profondo, è stato l’utile pretesto per un rapido ripasso di una stagione eroica della nostra storia, un’epoca ribollente in cui gli italiani addirittura risorgevano… Ricordato per lo più con il nome di “Battaglia di Solferino e San Martino”, lo scontro del 24 giugno 1859 fu particolarmente cruento, e segnò una tappa importante, sebbene non decisiva, per le sorti della seconda guerra di indipendenza. Fu inoltre l’immensa carneficina che ispirò a Henry Dunant la creazione della Croce Rossa Internazionale. Fatte le debite proporzioni, certi giorni guardandomi intorno mi dico che ce ne vorrebbe un altro di Risorgimento, e alla svelta anche…
Non meno bello e struggente un altro quadro del Nostro, che di ridotte proporzioni e collocato a poca distanza dalla Battaglia ne è un poco oscurato. Raffigura due cavalli allo sbando dopo che han perso il soldato che li cavalcava... 


Sebastiano De Albertis, L'artiglieria della III Divisione all'attacco durante la battaglia di San Martino, olio su tela,  166x353 cm, 1887.

Sebastiano De Albertis, Il richiamo dei cavalli sbandati o Suoneria della biada, olio su tela, 83x130 cm, 1893.



1 commento:

  1. Grazie per la segnalazione. I dipinti sono davvero belli... la resurrezione? prima o poi...

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