Tempo fa m’è capitato di leggere una “Storia delle discipline
mediche”, interessante per più motivi ma che mi aveva
colpito soprattutto per l’agghiacciante gap tra le varie pratiche mediche e
l’anestesiologia, antiche le prime, piuttosto recente la seconda: l'etere
comincia a essere impiegato con successo a metà dell'800. La chirurgia s’era
rapidamente sviluppata potendosi giovare del gran numero di feriti che da
sempre ha costellato i campi di battaglia. Una manna per l’apprendista cerusico
che – Aaaagh! – tagliava e cuciva senza ricorrere ad alcun lenitivo del dolore.
Prima si perdevano i sensi, meglio era…
A fine ottobre torna The Knick, alla sua seconda stagione. Chi
avesse mancato la prima è invitato a mettersi in pari, è stata tra le serie più
riuscite dello scorso anno. Prodotta dalla rete televisiva statunitense Cinemax
(in Italia s’è vista su Sky Atlantic), tutti gli episodi sono stati diretti da
Steven Soderbergh (premio oscar nel 2001 per Traffic) anche
co-produttore.
Siamo a New York agli inizi del 900 dentro al Knikerbocker Hospital
(Knick per gli amici), struttura ospedaliera che per sopravvivere deve attrarre
più pazienti benestanti possibile: allora come oggi, negli States il concetto
di sanità pubblica era disdegnato. A capo del reparto di chirurgia c’è John
Thackery (ispirato al chirurgo statunitense William Stewart Halsted), medico
talentoso e all’avanguardia nonché cocainomane perso. Si seguono puntata dopo
puntata le sue gesta, sia in sala operatoria sia nella fumeria d’oppio
prediletta, con un misto di fascinazione e orrore. Fascinazione perché Thackery
è interpretato da Clive Owen che ne rende alla perfezione l’esplosivo talento e
la follia autodistruttiva; orrore perché lo vediamo operare in condizioni ben
lontane dai comfort della moderna chirurgia, condizioni tali che per un
paziente, anche benestante, patire come un cane e alla fine rimetterci la pelle era facilissimo.
La setticemia, sempre in agguato, era un semplice regalo di medici che non si
disinfettavano le mani tra un intervento e l’altro (come insegna Celine nel suo
Il dottor Semmelweis).
Erano anche anni di razzismo tosto. I neri sono curati di nascosto
nello scantinato del Knick da un fratello nero che, sebbene specializzatosi in
chirurgia a Parigi, è costretto in uno stato di perenne umiliazione; si
arriverà a un autentico scontro razzale che dal Knikerbocker Hospital tracimerà
per le strade di una plumbea New York, scene di lotta che fanno pensare alle
gangs di Scorsese… Tra i personaggi femminili, tutti piuttosto notevoli, spicca
una suora fieramente irlandese e abortista, che non si nega una pinta e si dà
da fare per sottrarre quante più disgraziate può ai ferri (da calza) delle
“praticone”. Gli attori sono bravi e ben serviti dalla sceneggiatura, la
fotografia è illividita al punto giusto, lampi di musica elettronica provvedono
a qualche brivido in più… Sono contento di tornare presto a seguire le vicende
di John Thackery e del Knick, e so già che a ogni intervento chirurgico il mio
pensiero pieno di riconoscenza correrà ai pionieri dell'anestesiologia.
Ho anche letto che i nostri bisnonni l’efficacia del gas esilarante
(il protossido d’azoto, N2O) la testavano durante allegri festini in
case private nelle più eleganti capitali europee, festini ai quali erano
invitate parecchie signorine. Alla giusta dose l’anestetico non stordiva
completamente ma abbassava alquanto i freni inibitori. Sì, non ci siamo mai
fatti mancare niente…