lunedì 24 agosto 2015

Nota dolente

Un signore ha ricevuto un funerale imponente a Roma e questo è stato motivo di imbarazzo e indignazione per molti miei connazionali. Pare che il signore "passato oltre" fosse un malavitoso, e l’ostentazione di potere dispiegata dal suo parentado durante la pomposa cerimonia funebre – pensate! da un elicottero piovevano petali di rosa… – a molti è parsa inaccettabile. A me, più del clamoroso funerale, hanno sinceramente sconcertato molti commenti al caso. Commentatori cari, funerale a parte, per il resto tutto bene?

Libero funerale in libero Stato, ça va sans dire. Ognuno può scegliere il funerale che sente più giusto per sé, minimal o neobarocco, le leggi lo consentono e fin che si paga di tasca propria nessuno può dire niente. Fatta eccezione – s’intende! – per il Vaticano, sola istituzione autorizzata a stabilire come allestire una funzione religiosa come Dio comanda. 
Ma motivo di scandalo non è stato tanto il funerale in sé, di gusto pare opinabile, quanto la figura del defunto, capo riverito di un’influente famiglia attiva da molti anni nella Capitale e nota per le molteplici attività malavitose. Tutti i commentatori, o quasi, han parlato della nota famiglia come si parlerebbe di un noto direttore d’orchestra sempre in giro per concerti. Sì, una famiglia nota... E a quanto pare, nonostante fosse perfettamente noto che cosa combinasse la nota famiglia questo non è mai parso, né ai commentatori né alle varie polizie, particolarmente degno di nota, né li ha troppo impensieriti. Questo, almeno, fino al funerale-festa-celebrazione di pochi giorni fa… Perché se il capo della nota famiglia malavitosa si fosse congedato da questa valle di lacrime alla chetichella, senza dar dell’occhio, all’insegna del bon ton, a quanto pare nessuno avrebbe avuto niente da ridire. Due righe in cronaca e via…

Tra gli altri, un esperto di "cose di mafia" ha dichiarato che questo funerale è stato un grave smacco per lo Stato, che il messaggio che la nota famiglia ha voluto lanciare – ovvero che una fetta del territorio della Capitale è cosa sua e ci fa gli affari che vuole – è arrivato dritto e chiaro a destinazione ed è stato particolarmente dannoso perché ha segnato un pericoloso arretramento nella lotta al malaffare. E questo dev’essere dolorosamente vero… Altrettanto dritto e chiaro, però, è arrivato il messaggio in risposta delle Istituzioni: “Famiglie malavitose tutte che operate sul territorio della Repubblica Italiana, passi che vi siate sostituite allo Stato nei territori di vostra competenza; passi che vi sostentiate alla grande trattando di rifiuti, droghe, appalti, prostituzione e tutto ciò che rientra nelle tradizionali attività malavitose; passi che siate riuscite a garantirvi la connivenza di molte autorità politiche e la disattenzione di chi sarebbe preposto, e pagato, per il controllo del territorio; passi tutto… ma che l’ultimo saluto a un vostro capo si traduca in una cerimonia funebre con carrozza e cavalli, con un ex carabiniere nella banda e un elicottero che sparge petali di rosa… No! questo no… questo uno Stato con un minimo di dignità non può consentirlo”.

La nota famiglia, tanto aspramente criticata, dichiara intanto alla stampa che tutti sapevano di questo funerale, tanto che sono stati sospesi gli arresti domiciliari ad alcuni parenti che altrimenti non avrebbero potuto partecipare alla cerimonia. Insomma, nessuno ha fatto niente di nascosto, tutto era noto. E anche questo dev’essere dolorosamente vero… Ma le notizie ormai incalzano. L’ultima che ho sentito: pare fosse noto che alcuni appartenenti alla nota famiglia, che è anche molto vasta e ramificata, abbiano ricevuto dal comune di Roma case popolari dove poter sbrigare le loro note attività con un tetto sopra la testa pagando un affitto irrisorio; perché, come noto, tutti abbiamo diritto a una casa…


Per ora l’unico punito, destinato forse a restare tale, è il pilota dell’elicottero preposto all’omaggio floreale: gli han ritirato la licenza, magari per sempre. Ricordate dunque, brave italiane e bravi italiani, ricordate: mai, mai e poi mai lanciare petali di rosa da un elicottero durante un funerale, per nessun motivo… è rigorosamente proibito!



Il Carro Funebre, stampa del 1853, 17x25 cm,  tratta dall'opera "Usi e costumi 
di Napoli e contorni descritti e dipinti".





martedì 11 agosto 2015

Mare Mostrum

Il Mare Mediterraneo: tracciato nei secoli dalle rotte di Fenici e di Greci d’una Grecia che fu Magna (bei tempi…), di Romani che lo consideravano nostrum e di riottose Repubbliche marinare, che custodisce in salamoia splendidi manufatti di trascorse civiltà e che negli anni Settanta del secolo scorso ha restituito due bronzi che a molti sembrarono divini… bene, il Mare Mediterraneo oggi, nel breve tratto che separa la Sicilia dal Nordafrica, ci restituisce l’orrore di corpi rigonfi e sfatti, greggi di cadaveri galleggianti; con spaventosa frequenza, questo meraviglioso mare, tessuto connettivo di genti e culture di tre continenti, è oggi degradato dalla cronaca a Fossa Comune.

Come si sforza di ricordarci la Storia, il Mediterraneo tra le tante cose è sempre stato anche tomba: quanti soldati ha inghiottito durante feroci tenzoni di flotte? quanti equipaggi mercantili malauguratamente naufragati? Guerre e traffici han sempre scorrazzato per mare come per terra. Oggi però a morire in comitiva sono i cosiddetti Migranti, che a seconda che fuggano da guerra o miseria possono essere politici o economici: autorizzati i primi a chiedere asilo, non i secondi: disgraziati tra i disgraziati in cerca di sopravvivenza e riscatto. Pur di raggiungere le rive di Lampedusa-Europa-Eldorado i migranti sono disposti a farsi oltraggiare da spietati fratelli africani che li stuprano e commerciano come schiavi, che li intruppano su pericolanti barconi dopo averli depredati fino all’ultimo dollaro e che non esitano a scaricarli in mare se intercettati perché, nota bene, dopo che il pedaggio è stato pagato la vita di un migrante non conta niente, non vale più niente per nessuno.

L’orrore che ci procura il conteggio delle vittime dell’ultimo naufragio – settanta, centotrenta, trecentoventisette, ottocentosettantuno… uomini, donne, bambini… – è certo dovuto alla loro morte, che un po’ di orrore lo fa sempre, ma anche, e forse soprattutto, dalla constatazione che la vita, come nel loro caso, può non valere niente. Questo per noi è particolarmente duro da digerire. L’invenzione dell’Individuo da parte dell’Occidente è stata gravida di conseguenze, tra tutte quella di fare della vita di ciascun individuo, a partire dalla nostra, un bene sommo. Qui nell’Eldorado siamo così abituati a pensare che la vita sia il nostro bene più prezioso che tendiamo a farne un valore universale. Ma così non è né lo è mai stato. Non in Oriente di sicuro, dove l’individuo era presto diluito e infine dissolto in masse sterminate, dove la collettività l’ha sempre fatta da padrona a scapito del singolo. Sono tante ancora oggi nel vasto mondo extraoccidentale le società dove la collettività, o se non altro la famiglia, la vince alla grande sul singolo e i suoi eventuali diritti, primo tra tutti quello di vivere una propria vita. Quello che per noi è un sommo valore altrove non conta né ha mai contato un bel niente.

Lo stesso vale anche per l’lnfanzia, altra invenzione piuttosto recente dell’Occidente, a sua volta non riconosciuta ovunque. Del resto, che valore può avere l’infanzia dove i bambini muoiono come mosche di fame o malattia prima d’aver festeggiato un compleanno? La vita terrena, per infanti o adulti, facciamocene una ragione, non è affatto un valore universale. Ci piace pensarlo, dichiariamo addirittura che la vita di un sol uomo vale più di qualunque cosa, ma si tratta di un pensierino politically correct, nient’altro. E grazie ad alcune tragedie in corso abbiamo appurato, purtroppo, che per molti combattenti dei nostri giorni la vita può essere tranquillamente sacrificata – talvolta esplosa – in nome di qualche ideale. E abbiamo potuto appurare altresì che non c’è niente di più terrificante d’un nemico che, a differenza nostra, non ha nessuna paura di morire…

Individuo, diritti civili, valore della vita, tutto affonda nel Mare Mediterraneo insieme con i migranti che non ce l’hanno fatta. Condannate dalla storia o dalla geografia, tante vite vanno a fondo senza che in Europa, per tacere del resto, importi davvero a qualcuno: gli scampati creano problemi, non i sommersi. Sì, la Chiesa da Roma strilla “La vita è sacra! La vita è sacra!”, ma proprio le diverse Chiese sono spesso la causa scatenante o altrettanto spesso il comodo pretesto di ogni conflitto mortifero…

Già… l’indifferenza dell’Europa… Ma ha forse esitato l’Europa a far fuori Gheddafi il dittatore quando le è parso il momento? Dittatore che si era attendato a Roma, non molto tempo prima, ricevendo diplomatici omaggi, riverenze e baciamano da qualsiasi autorità si trovasse nei paraggi… Ora questa stessa Europa, dopo che ha messo a ferro e fuoco uno Stato sovrano e in breve annientato il colonnello che lo governava da quarantadue anni, proprio quest’Europa dichiara di non poter fare nulla per sgominare un drappello di scafisti! Non ci posso né voglio credere. Non tentate neanche di spiegarmi perché mai la genia degli scafisti-schiavisti non poteva essere fatta fuori, con il beneplacito dell’Onu o senza, già dopo il primo attraversamento. È una cosa che mi fa una gran rabbia e che, probabilmente, ha a che fare con il fatto che la vita di un migrante, nonostante la retorica con cui amiamo sciacquarci la bocca, vale poco o niente. E questo deprezza la vita di noi tutti, è bene saperlo.
E mi spiace se la verità fa schifo.



sabato 25 luglio 2015

Attenti alla felicità

A scanso di equivoci, io non sono né particolarmente felice né predisposto per natura a esserlo, solo che in questi giorni mi trovo in un posto bellissimo della bella Italia (viva la patria!) che mi ha fatto pensare nientemeno che alla felicità. A ingenerare le mie riflessioni dev’essere stato un pensiero rudimentale del tipo: “Come si fa a non essere felici in un posto così?” o altra banalità del genere, ed ecco più o meno cosa ha cominciato a frullarmi per la testa dal pensiero rudimentale in poi.

Innanzitutto pensare che da condizioni favorevoli debba discendere la felicità è sicuramente sciocco. Basta guardarsi intorno: chi non conosce o sa di persone a bagnomaria in ogni tipo di privilegio, che hanno ricchezza, bellezza, salute in abbondanza e nonostante questo non solo non sono felici ma si disperano e alla fine si buttano via. Sembra assurdo eppure ce ne sono… E non vale nemmeno la pena citare chi non gode di nessun privilegio ma, sprofondato nella merda, alla fine, in quanto perfettamente infelice, si butta via: caso straordinariamente comune e di nessun interesse speculativo.

Invece, e su questo credo si possa concordare, non sono così rari gli individui che pur avendo buonissimi motivi per essere infelici – per esempio una rognosa povertà o una salute disastrosa – ci stupiscono perché infelici non sono affatto (e magari indispongono perché si permettono addirittura di essere più felici di noi). La nostra meraviglia e il disappunto sarebbero giustificati se ci fossero sentieri da percorrere, per quanto malagevoli e appena tracciati, per chi, munito di buona volontà, di acume o anche solo di fortuna, intendesse incamminarsi verso la felicità. Ecco, io credo che proprio pensare alla felicità come a una meta, un luogo ameno, un fine, sia la causa prima di molte illusioni, molte tragedie e tanta infelicità.

Son convinto, e lo dichiaro, che sarebbe molto più sensato e salutare pensare che la felicità non esista, che un luogo ameno chiamato felicità non stia da nessuna parte. Proprio perché non ci sono condizioni preliminari che la garantiscano o anche solo indichino il cammino, meglio escluderne l’esistenza. Può esserci una torta cui non corrisponda nessuna ricetta, per la quale nessun ingrediente è certo? A questo punto si può obiettare che però persone felici qua e là esistono: è vero, questo nessuno lo vuole negare. Però è un po’ come con i miracolati, chi non ne ha incontrato qualcuno? Il fatto che innegabilmente qualche miracolato esista però non ci fa né credere né troppo sperare nei miracoli…

Pensa e ripensa, mugina e rimugina, sono arrivato alla conclusione che la felicità vada intesa come sintomo, che sia la conseguenza di qualcosa a monte, qualcosa che può realizzarsi solo a patto che si realizzi prima qualcos’altro. Domanda: e sarebbe il sintomo di quale disturbo? Risposta: della vita. E aggiungo: non si dovrebbe mai desiderare di essere felici ma solo di vivere, nel bene e nel male vivere. Perché la sensazione che proviamo quando viviamo con pienezza – e non solo cose belle – credo sia proprio la felicità o, se non altro, il suo principio attivo.
Forse anche vivere appieno la vita non porta con certezza a essere felici, è probabile, ma per quanto non sufficiente questa mi sembra l’unica premessa necessaria, l’unico ingrediente certo della misteriosa ricetta.


Occhio dunque ai venditori di felicità, di qualsiasi tipo, vi stanno vendendo il niente a caro prezzo. Perché poi il posto bellissimo dove sto abbia suscitato in me simili riflessioni rimane un mistero che accetto con grazia. E se addirittura questi miei pensieri dovessero rivelarsi per qualcuno di qualche utilità… sì, ne sarei felice.    



The Beatles - Happiness Is A Warm Gun











giovedì 16 luglio 2015

I greci chi?


La Grecia esce dall’Euro, dall’Europa? Ci resta? Meglio se esce? Meglio se resta? Il dibattito al proposito è quotidiano, feroce, spesso sconclusionato, e per me quasi incomprensibile. Colpa mia: di economia non capisco niente e, per giunta, mi ostino ad applicare regole di logica e buon senso a una disciplina che, come appare evidente, procede su tutt’altri binari. Non voglio giustificare la mia ignoranza in materia facendo notare che la notevole disparità di dati, oltre che di opinioni, rigurgitati ogni ora da più settimane da ogni media possibile e immaginabile non facilita la comprensione di nessuno. Quanto incide il sistema pensionistico (pare dissennato) sul mirabolante debito pubblico greco? Quanto l’evasione delle tasse (pare siano più bravi di noi)? Quanto i privilegi delle varie caste elleniche (pare più intangibili delle nostre)? Quanto un'Iva piuttosto esigua? Ecco, ognuno dice la sua anche dove basterebbe comunicare qualche dato attendibile… ma, diavolo!, la Grecia non era entrata in Europa proprio truccando dati ufficiali che nessuna OCE (Occhiuta Commissione Europea) si era peritata di verificare, mah… 
Il problema di approdare a dati attendibili attraverso il mare magnum della comunicazione va però ben oltre la questione greca. È infatti facilissimo reperire in breve opinioni praticamente su tutto, ma quanto difficile reperire dati attendibili su qualsiasi cosa. Nel mondo social le Opinioni la vincono alla grande sulle semplici Informazioni, e non vedo facili rimedi allo scompenso.

La questione greca, comunque si risolverà, sta intanto rilanciando con vigore i più triti luoghi comuni su popoli e nazioni, tanto più detestabili, si sa, quanta più verità contengono. Cosa non si dice sui tedeschi da una parte e sui greci dall’altra. Non serve riportare nessun esempio…
Io soffro sempre quando sento parlare di interi popoli come se si trattasse di un singolo individuo, vuoi ammirevole o deprecabile. Ora si sente dire da più parti che i greci han vissuto allegramente scialacquando; che, molto latinamente, si sono concessi per lunghi anni privilegi che non si potevano permettere (pare meglio di noi anche in questo: una faccia, una razza). Ora, non mi interessa quanto questo sia vero. Quando sento giudizi come questi rivolti a un intero popolo mi viene da chiedere: “I greci chi?”.

Quanti greci oggi stanno pagando, e quanto duramente, per colpa di governi sciagurati che hanno sciaguratamente imboccato le politiche alla base del disastro attuale? Forse che s’è fatto un referendum ogni volta che i colonnelli di turno han deciso di comprare armi, magari dalla Germania? Forse che la genia dei ricconi ellenici esentasse è frutto di consenso plebiscitario? Bisognerebbe sempre riferirsi alle élites al potere e ai governi più che ai popoli, perché alla fine chi paga per tutti è proprio chi si è divertito meno. Conosco molti milanesi, tanto per stare dalle mie parti, che durante gli anni Ottanta nella “Milano da bere” han bevuto come al solito e non han comprato niente che non potessero permettersi, né han rubato per fare shopping… e se qualcuno oggi va a dirgli che la crisi se la son meritata, beh, una bella ginocchiata nelle gonadi sembra appropriata.

E dei tedeschi, ora nemico numero uno in Europa della Grecia, dei tedeschi che non sanno godere la vita? Che sono duri, rigidi, spietati burocrati senza fantasia né gusto? Di questi tedeschi che dire? Anche qui mi vien da chiedere: “I tedeschi chi?”.
Per quanto mi riguarda vorrei più Europa e non certo che la Grecia ne uscisse. Vorrei un vero parlamento europeo, una vera politica estera europea, una classe politica europea con una visione che spazi al di sopra dei più meschini interessi nazionali. Perché gli europei – greci, tedeschi o italiani che siano – sono molto meglio dell’accozzaglia di lobbisti che li rappresenta stazionando vanamente a Bruxelles.


Nessuno ha amato tanto la Grecia come i tedeschi nell'Ottocento, tanto che qualche pezzo di pregio se lo sono portato a casa. Sopra, un'idealistica ricostruzione dell'Acropoli e dell'Areopago di Atene: dipinto di Leo von Klenze del 1846 (Neue Pinakothek, Monaco di Baviera).