sabato 27 giugno 2015

Una scuola da sogno

La scuola è un tema caldo da parecchi mesi e non accenna a raffreddarsi. Il sagace presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana (già noto come Matteo Renzi) ha ingaggiato un appassionato testa a testa con gli insegnanti della Scuola Pubblica Italiana (già nota come Disastro) che paiono fermissimamente non gradire La Buona Scuola, recente progetto di riforma della vetusta istituzione che invece il Renzi sembra appetire assai. Ora che il progetto è passato al Senato tra le veementi proteste delle opposizioni, è cronaca recentissima, non resta che stare a vedere…

Io qui non voglio prendere le parti dell’uno o degli altri, leggerei più volentieri le Confessioni di Sant’Agostino in cirillico. No, preferisco limitarmi ad alcune osservazioni.
La prima, che mi pare piuttosto curiosa (se non ironica), è che la frattura tra famiglie e scuola si è fatta più profonda con l’ingresso dei genitori nelle istituzioni scolastiche in ossequio a una delle poche riforme andate in porto nel 1974, quando si pensò che la partecipazione dei genitori al governo della scuola rappresentasse un progresso in termini di democrazia e potesse contrastare eventuali tendenze alla burocratizzazione e all’autoreferenzialità dell’istituzione. Risultato: prima i genitori sostenevano senza ammettere repliche e con qualche sganassone il lavoro di maestri e professori, ora sostengono senza battere ciglio i comportamenti più assurdi, quando non delinquenziali, dei propri figli.
Ditemi, che cosa diavolo sarà successo? Io non azzardo ipotesi…

Quello che mi auguro – e chissà se La Buona Scuola contribuirà a questo – è che questa frattura in qualche modo si ricomponga; vorrei che insegnanti e genitori finalmente cooperassero per realizzare un mio sogno: una scuola che sforni qualcosa di simile a dei “cittadini”. Sarebbe così bello incontrarne qualcuno in giro, per le strade e nelle piazze d’Italia, sulle sue colline, lungo le martoriate coste… Sopperire a questa evidente carenza nazionale sarebbe davvero cosa buona e giusta.

Legata a questo è anche la seconda osservazione che desidero fare. Mi sembra sbagliato delegare totalmente l’educazione dei propri figli alla scuola, soprattutto da parte di quei genitori che della scuola lamentano in continuazione le gravissime carenze (pare siano parecchi…). O genitori, se siete convinti che ci siano cose importanti da conoscere, cose che considerate fondamentali per una buona formazione, o genitori insegnate, insegnate pure queste cose ai vostri figli, non fate i timidi… Perché aspettare che lo studio della Costituzione nell’ora di Educazione Civica torni a essere materia di insegnamento? Sembra improbabile al momento… Pensateci voi, o genitori, se desiderate allevare cittadini modello – perché certamente questo è il vostro desiderio, regalate voi una copia della Costituzione al pargolo. Forse che la musica vi appassiona? Non aspettate che nella Scuola Pubblica si insegni sul serio a suonare qualche strumento e a cantare in coro, anche se sarebbe auspicabile, se vi piace fatelo pure voi. E abbiate il coraggio delle vostre passioni: Bach o Jimi Hendrix? Vanno benissimo tutt’e due. Vi piace il cinema russo? Il salto con l'asta? L'astronomia?...

Con questo non sto dicendo che i genitori devono sostituire i professori per rimediare alle evidenti magagne della scuola. Questo non è necessario né potrà mai essere. Voglio dire che il ruolo di educatori per forza di cose è, o dovrebbe essere, sempre ripartito tra famiglie e scuole, tra genitori e insegnanti, e dunque è auspicabile che ci sia almeno accordo tra le parti, se non "sinergia", parola abusata ma una volta tanto appropriata. Altrimenti molto meglio che ognuno stia a casa sua.

E andando oltre genitori e insegnanti, se non sbaglio è stato Mark Twain a dichiarare che la nostra educazione è una cosa troppo importante e delicata perché la si affidi completamente agli altri. Concordo in pieno, caro Mark. Per quanto mi riguarda ho cercato di cavarmela come ho potuto, e ripensandoci devo riconoscere che le letture (internet non c’era, solo carta) che più mi hanno segnato e nel bene o nel male “formato”, non figuravano in nessun programma scolastico… me le sono cercate da me e a fornirmele ci han pensato di volta in volta Curiosità e Caso… ed è bene che sia stato così.
E devo essere stato anche fortunato. Forse senza che lo volessero deliberatamente, ho avuto genitori e insegnanti che mi hanno inculcato il desiderio di essere libero.
Grazie.



Che bella la pittura del Primo Novecento italiano, che squisito pittore Felice Casorati. "Gli scolari" è stato dipinto tra il 1927 e il 1928.














lunedì 22 giugno 2015

Famiglie in pericolo

Succede in questi giorni che tante famiglie-etero-cattoliche-italiane si sentano minacciate dal ddl Cirinnà a favore del matrimonio gay e da una non ben identificata “Teoria del Gender” che, qualora introdotta nei programmi scolastici, potrebbe scombinare i cervelli dei nostri piccoli confondendoli sulla loro identità sessuale. Cosa ho da dire io al proposito? Bah... conscio della complessità delle questioni sul tappeto mi limiterò a qualche osservazione e a invitare a un po’ di cautela.

I difensori della famiglia tradizionale sembrano provvisti, beati loro, di alcune certezze che, per la loro evidenza, non sarebbero nemmeno da prendere in esame. Una di queste, per esempio, è che la famiglia etero tradizionale, composta da maschio, femmina e prole autoprodotta, sia l’unica “naturale”  perché così è in natura.

Ora, appellarsi ciecamente alla natura non è mai una buona idea perché lì succedono cose che davvero non vorremmo proprio. Si sa, per esempio, che quando Leone Partner nel ruolo di nuovo capofamiglia affianca Leonessa Vedova, provvede quasi subito a sbarazzarsi con un morso ben piazzato dei Leoncini Orfani, prole del defunto Leone Padre, per sostituirli al più presto con Leoncini Propri. Questo è solo un esempio di comportamento perfettamente naturale che, qualora riportato pari pari nella società umana, susciterebbe – I suppose – qualche perplessità. In natura è un po’ tutto così perché lì vige indiscussa la Legge del più forte, e qualsiasi sindacato, anche nelle forme più rudimentali, è ancora del tutto assente. 

Ora, per i miei gusti la natura è un po’ troppo “di destra”, ma non è così per tutti: alcuni movimenti politici, come pure gli entusiasti del libero mercato, vedono nella Legge del più forte una guida, un’ispirazione, un riferimento sicuro per edificare modelli virili di società. Io invece penso che si diventa uomini quanto più ci si lascia alle spalle la foresta per procedere secondo cultura e non più unicamente secondo natura; si diventa pienamente uomini quando, accantonata per la sua rozzezza la Legge del più forte, si dice: “Prima le donne e i bambini”, che forse tanto naturale non è, ma – evviva! – è cosa squisitamente umana. A chi cerca nella natura una giustificazione per avversare comportamenti che arbitrariamente si definiscono “non naturali” , vien voglia di dire: “Ehi, c’è di meglio…”.

E un’ultima considerazione, anzi, una domanda: Tutti ‘sti froci, lesbiche, trans e psicologhe invasate di gender, tutta ‘sta feccia da dove viene secondo voi, strenui difensori della famiglia tradizionale? Tutti ‘sti degenerati da dove spuntano? Non certo da matrimoni gay, unioni di fatto o uteri in affitto, tutte piaghe recenti di questo mondo infame. No, cari eteropadri ed eteromadri, questa genia di Satana è un prodotto della vecchia, cara, diffusa famiglia tradizionale. Sì: tutti da lì vengono, tutti da lì veniamo. E allora, diamine, un po’ di cautela nel difendere questa famiglia. Guardate un po’ cosa sforna! Per giunta non potete neanche difendervi dicendo che se il pargolo è gay e la bimba lesbo è perché natura ha voluto così. No, dichiarate convinti che gay si diventa, che è una "scelta" e non una questione genetica come il colore degli occhi, che certe turpitudini non possono in nessun modo considerarsi “naturali”, e così vi date pure la zappa sui piedi: Se non è natura cosa diavolo succede in tante famiglie per bene?

Sì, un po’ di cautela sarebbe raccomandabile. Ma la Stupidità si pasce di certezze…



La famiglia...




sabato 20 giugno 2015

Yoga: Maestri di noi stessi


Mi fa piacere che domani (come ogni prossimo 21 giugno) sia la “Giornata internazionale dello Yoga” indetta dall’Onu. È un riconoscimento meritato per questa antica disciplina orientale che coinvolge e appassiona così tanti occidentali, me compreso. Meritato perché aiuta a vivere meglio. E per me vivere meglio, al di là della ricerca oggi tanto diffusa e talvolta stucchevole di “benessere”, vuol dire innanzitutto acquisire una maggiore consapevolezza di sé: prezioso regalo dello Yoga ai suoi praticanti. Di sicuro una maggiore consapevolezza, sul piano personale e di riflesso verso gli altri, può fare solo bene. Il breve testo che pubblico qui di seguito mi è stato richiesto qualche tempo fa perché descrivessi, in modo sintetico, il senso del mio percorso yogico. Faccio riferimento in particolare al Raja Yoga perché questa è la scuola tradizionale alla quale mi sono formato.

***

Il Raja Yoga, o Yoga Regale, è un insegnamento dello Yoga classico che negli Yoga Sutra di Patanjali (I-V sec. d.C.) ha il proprio testo di riferimento. Fondamentali nel Raja Yoga sono l’osservazione di sé e la consapevolezza del respiro, un approccio che si potrebbe definire già inizialmente “meditativo”, mirato al riequilibrio e all’integrazione di mente e corpo. In questo senso la pratica di Raja Yoga ha un riflesso positivo sulle nostre relazioni, specialmente nell’ambito del lavoro, dove, troppo spesso, le più elementari esigenze del corpo sono sacrificate mentre è sollecitata a dismisura l’attività mentale, quasi le due cose non fossero intimamente connesse.

Praticare Raja Yoga è un’esperienza concreta perché si opera esclusivamente sul piano fisico – strumento di lavoro è solo il corpo – al fine di entrare in contatto con parti più profonde e sottili, pertinenti alla sfera psichica, che, per loro natura, non sono direttamente accessibili. La “meditazione” è un particolare stato psicofisico caratterizzato da un livello di coscienza non ordinario che attraverso una pratica ben condotta possiamo tutti, a varia intensità, sperimentare. Il benessere che se ne ricava è proprio dovuto alla percezione di un corpo e una mente più uniti: Yoga in sanscrito significa ‘unione’. Inoltre, cosa importante, praticare Raja Yoga invita a essere attivi: si tratta infatti di un percorso di consapevolezza nel quale, sotto la guida di un insegnante, il trattamento e la cura del nostro corpo sono affidati a noi stessi.


La mia attività nel campo dello Yoga (che dura ormai da vent’anni) si è sviluppata parallelamente alle mie esperienze lavorative, in particolare in campo editoriale, e nel corso del tempo mi ha aiutato a lavorare meglio, a convivere con una realtà urbana spesso disagevole, intessuta di relazioni complesse, conflittuali. È stata soprattutto un’alternativa a illusorie fughe verso improbabili paradisi spirituali. La via della “meditazione” può e deve essere una via di “integrazione” che, pacificamente, attraversa il contesto in cui viviamo. 

Per me, infine, il Raja Yoga è stato ed è essenzialmente un percorso di libertà. Solo da una migliore conoscenza di noi stessi possono originare scelte consapevoli: tutto ciò che non conosciamo, purtroppo, siamo destinati a subirlo… ed è questa consapevolezza che cerco di trasmettere ai miei allievi.




Cocteau Twins, Otterley (da Treasure, 1984). Brano meditativo? Bah... forse. Bello? Sì.




mercoledì 17 giugno 2015

Uomo Comune Vs Discarica


Nei momenti di maggior sgomento mi capita di voler vestire i panni dell’Uomo Comune (d’ora in poi, per comodità indicato con UC), provo cioè il forte desiderio di pensare e dire ciò che penserebbe e direbbe un UC. So bene che non esiste nessun UC, che è una pura astrazione, un modello ideale. 
Però, proprio come nei bestiari medioevali ad animali di pura fantasia erano associate descrizioni dei loro comportamenti precisamente dettagliate, al fittizio UC noi associamo senza titubanze precise categorie di pensieri e parole, convinti di sapere perfettamente che cosa pensi, cosa dica e cosa faccia un UC. Tutti concordiamo – non è vero? – nel ritenere che l’UC trascorre molte ore al bar dove commenta ad alta voce, servendosi per questo di appositi Luoghi Comuni, i fatti del giorno dello sport, della politica, della cronaca rosa-nera, che una televisione perennemente accesa rovescia su di lui.

Dunque, stamattina preso da sgomento ho desiderato immedesimarmi nell’UC e reagire come avrebbe reagito costui nell’apprendere che nei pressi di Caserta s’è trovata la Discarica Massima, la Discarica Madre, la Discarica più Abusiva, la più Grande e più Tossica d’Italia e d’Europa e, chissà, del Mondo. Cosa ha detto l’UC quando a sua volta ha appreso tutto questo dalla televisione. Ometto per eleganza le espressioni colorate e blasfeme che costituiscono il primo commento di ogni UC (che è tendenzialmente triviale e bestemmiatore, si sa). Riporto dunque i suoi commenti sfrondati, nel limite del possibile, dalle sconcezze.

“Ma puttana vacca!” – dice l’UC con voce ferma, ammiccando alla platea di uomini come lui comuni che pian piano gli si assembla intorno. “Ma porca d’una troia… una discarica di… cos’han detto?... 2 milioni di metri cubi… mica un catino di roba, eh... una discarica così si riempie forse di merdaccia dalla sera al mattino?… il tempo di una pisciata e, toh!, torni e trovi che hanno fottuto… cos’han detto?... 25 ettari di terreno agricolo è stato fottuto per sempre… e la falda? non voglio neanche pensare alle schifezze che scolano nella falda… che è un miracolo se adesso non sono tutti lì a fare le mozzarelle con due nasi e un occhio solo…”. 

Ecco, l'UC reagisce così. E aggiunge:
“Ma dove cazzo erano tutti, si può sapere? Nessuno ha visto niente, sospettato niente, annusato niente in… cos’è che han detto?... in 30 anni che ci son voluti… non tre giorni puttana miseria... 30 anni buoni di caricamento, trasporto e scaricamento di merdaccia fetente un giorno sì e uno no per riempire una fossa profonda 9 metri... 9 metri!... senza che nessun coglione, neanche per sbaglio, abbia mai visto niente… ma chi prendono per il culo?... e quelli che sarebbero pagati per controllare il territorio? Per far rispettare la legge? Quei cagoni del comune, della provincia, della regione, della politica... il cazzo di prefetto, la polizia, i carabinieri… dove minchia erano tutti? Scommetto che saltavano fuori dalla tana come furetti ogni mese solo per andare a ritirare lo stipendio… a cucchiaiate gliela farei mangiare tutta quella bella merdaccia, a cucchiaiate, a quelli che ci han guadagnato sopra insieme con quelli che han fatto finta di non vedere, di non sapere, altro che bonifica... Paese di merda, Italia di merda, Italiani di merda…”. 
E tutti gli uomini comuni dentro al bar che fanno sì, sì, sì, con la testa, compreso il barista. Che tenerezza…

Purtroppo a me non è concesso di reagire così. Mi capita spesso di essere d’accordo su tutto quello che dice l’UC, o quasi, ma non frequento bar dove si commenta ad alta voce quel che passa in televisione. Non frequento posti così, gente così. Ho altri giri, altre frequentazioni, e questo fa sì che sia costretto a esprimere le mie opinioni in modo più articolato, decisamente più sobrio. Ma non mi dispiacerebbe ogni tanto… Ecco, quando ho appreso di questa discarica di mitologiche proporzioni che la Guardia Forestale sta scavando da tre giorni vicino a Caserta, quando ho sentito questa notizia purtroppo ho potuto reagire solo con l’indignazione, sentimento che mi è concesso esternare senza alcun problema con amici e colleghi ogni volta che voglio. 

Al proposito, ricordo di aver letto da qualche parte che l’indignazione è il più aristocratico dei sentimenti. Ci ho riflettuto su questo, e ho concluso che la definizione è quanto mai azzeccata. In primo luogo, proviamo indignazione quando non siamo coinvolti direttamente in una situazione incresciosa ma la osserviamo da lontano: mentre si corre verso il rifugio antiaereo più vicino, per dire, si può essere tutto tranne che indignati… E l’indignazione, ecco il tratto elegante, consente di esternare senza trascendere, senza svaccare, con stile: possiamo benissimo indignarci per una decina di tragedie dell’umana stupidità in una volta sola, durante un aperitivo tra amici, senza compromettere niente, senza che vada un’oliva di traverso a nessuno… Sì, si può diventare bravissimi nel provare indignazione e io me la cavo piuttosto bene. Ma ogni tanto, credetemi, quando sento certe cose... ho davvero una gran voglia di… 


Il volume interno della piramide di Chefren (IV Dinastia, Piana di Giza, Egitto) corrisponde a circa 2 milioni di metri cubi.